Vederti crescere è stata forse la cosa
più bella che mi sia capitata in tutta la mia vita.
Passare ogni singolo giorno
con te è stato il regalo più bello che qualunque entità divina ci sia lì sopra abbia
potuto farmi.
Il tuo affetto, che riuscivi a
dimostrarmi ogni qualvolta io ti vedessi, era impareggiabile… forse in tutto
questo tempo non ho mai saputo eguagliarlo con quello che io dimostravo a te. Mi
davi tanto, più del dovuto, mentre io riuscivo a darti solo ciò che potevo, ed è
questo ciò che adesso mi rode dentro.
Quando non ero in vena, quando avevo
problemi o semplicemente volevo stare da solo, tu eri lì, sull’uscio della mia
stanza. Capivi subito cosa avessi ed eri sempre pronta a tirarmi su il morale
nell’unico modo che tu conoscessi: dimostrandomi affetto. Il semplice e puro
affetto che un’amica può dimostrare perchè è tutto ciò che può dare.
E cosa facevo io? Molte volte ignoravo il
tuo aiuto e ti sbattevo la porta in faccia. Adesso mi domando cosa tu pensassi
quando mi comportavo così con te.
Pensavi forse che non ti eri data da
fare per farmi capire quanto mi volessi bene? Che io ce l’avessi con te? Che io avessi tradito la tua amicizia che da
sempre, dal primo giorno in cui ti vidi, sei stata disposta a donarmi?
Molte domande attraversano la mia mente
in questo momento, domande che non mi ero mai posto precedentemente e che solo
adesso passano spedite una dopo l’altra senza darmi sosta. Senza tregua. Mi
stanno facendo impazzire e forse me lo merito perché non ti sono stato amico
tanto quanto tu lo sei stata con me. È la punizione che mi spetta.
Sai Project Sun? Quella storia che ho
scritto da cima a fondo fuori in balcone, durante un caldo pomeriggio
d’estate mentre ero disteso sulla sdraio con le cuffie alle orecchie e la
musica a palla? Suvvia c’eri anche tu, proprio accanto a me, sul tavolo, tentavi di convincermi a darti retta affinché mi distraessi, cercavi di strapparmi qualche minuto
da dedicare solo a te… e ci riuscivi, furbetta; ce la facevi sempre, Dio solo
sa come. Ad ogni modo, una frase ricorrente di quella storia è “cosa fareste se
tutto ciò che reputate scontato vi venisse portato via?”
In quel momento non riuscivo ad
immaginare che fosse rivolta anche a me, perché come un idiota ho sempre dato
per scontato tutto. Anche la tua presenza nella mia vita, nei miei giorni e in
ogni mio istante.
Adesso mi sei stata portata via. Ora
ho capito come ci si sente. In una parte del romanzo viene data anche la
risposta ma quando la scrissi credevo di starmi sbagliando. ‘Scrivi ciò che sai’
è la base per tirar fuori un buon romanzo, ma più di una volta ho chiuso
un occhio su questa regola. In questo preciso istante mi sto rendendo conto di come
fosse veritiero ciò che scrissi.
Mi sento perso, come se nulla avesse più
senso; posso fingere di star bene quanto voglio ma dentro il petto so che
qualcosa non c’è più.Non riesco a pensare ad altro, forse
non riuscirò a farlo per molto tempo. Tutto ciò a cui riesco a pensare sei solo
tu.
Quando ti vidi per la prima volta.
Pallina era morta da poco più di un mese e ancora avevo dentro la tristezza
tipica di un bambino di otto anni per la morte del proprio gattino, ma tu… con
quella tua aria furbetta e quegli occhi che riuscivano sempre ad ammaliarmi, sei
riuscita a farla svanire via come se nulla fosse. I miei ti portarono a casa
quando avevi appena cinque mesi, e fu allora che iniziò la nostra avventura
fatta di gioie e sofferenze… beh per l’esattezza solo di gioie dato che tu non
mi hai mai fatto soffrire in alcun modo. Come avresti potuto mai farlo?
Ti ricordi quando vedemmo per la prima
volta il classico Disney 'Oliver & Company'? Io sdraiato sul letto e tu accoccolata sopra la mia pancia. Ricordo quanto mi emozionava perché associavo
te al gattino protagonista e ogni volta che finiva la videocassetta ti riempivo
di coccole che tu ricambiavi con le tue continue fusa, così sonore che anche la
mamma riusciva a sentire dalla cucina.
E quando ti comprai il topolino
meccanico con la convinzione che la parte “cacciatrice” di te sarebbe venuta
fuori e invece fuoriusciva solo quella fifona? Lo tenevi sempre d’occhio quel
dannato roditore automatico, e non appena si avvicinava tu eri sempre pronta a
scappare via.
Non eri affatto nata per cacciare, e
molte volte me ne hai dato dimostrazione, anche quando ti avvicinavi alla
boccia dei pesci rossi… solo per berne l’acqua. Eppure il tuo istinto da felino
era sempre vigile quando i passerotti decidevano di saltellare in balcone. Li
osservavi accucciata in posizione di attacco, ma mai provasti ad acciuffarne
uno. Sapevi bene che avresti fallito. E lo sapevo anche io.
Pensieri e ricordi confusi si
sovrastano gli uni con gli altri. Ho paura di dimenticarli o di corromperli via
via che il tempo passerà.
Come quando stavo rischiando di
gettarti nel cassonetto dell’immondizia perché, da brava scema che eri, ti
divertivi a infilarti dentro ogni sorta di scatola. Quella volta, se non fosse stato per il
campanellino del collare che avevi e che ho sentito in tempo, le lacrime che
fuoriescono adesso sarebbero fuoriuscite tanto tempo prima.
Ne vogliamo parlare della sveglia
mattutina? Per anni è consistita in tre mini-sveglie: prima arrivava papà che mi
scuoteva dicendomi di svegliarmi, poi arrivava mamma che apriva la serranda facendo entrare la luce del sole, e
infine arrivavi tu che saltavi sul letto e mi svegliavi strusciandoti sul mio viso. Solo allora capivo che era il momento di alzarmi.
Sono molti i ricordi che mi legano a
te e se dovessi scriverli tutti, potrei stare qui per ore e ore. E non mi
stancherei mai, perché voglio ricordarti così. Nei momenti più belli di questa avventura che è finita proprio stanotte.
Credimi tesoro. Credimi, voglio davvero
ricordarti in quel modo.
Nella stessa maniera di quando guardavamo estasiati l’albero
di Natale che ci sembrava enorme, se visto dal basso. Fu allora che scoprii che
andavi matta per i capelli d’angelo, specialmente quelli rossi. Ogni singolo
Natale ne prendevo uno e giocavo con te per interi minuti… adesso vorrei che
quegli attimi fossero durati molto di più.
Voglio ricordarti come quelle volte in
cui eri distesa sul mio letto e io, incapace di ripetere a mente gli
argomenti che avevo da studiare per il giorno dopo, ti guardavo negli occhi e li ripetevo come se potessi dirmi se stessi commettendo errori o no.
Voglio ricordarti così, ma non ci
riesco.
La tua età, ormai avanzata, ha fatto
sì che la nostra avventura finisse. Ma lo sapevamo che sarebbe
finita prima o poi, vero? Solo che io non immaginavo avrebbe trovato
conclusione così in fretta.
Gli ultimi giorni sono stati i più
duri per entrambi. Avevamo preso ormai consapevolezza che eravamo agli
sgoccioli. I tuoi tentativi di reggerti sulle zampe senza successo, il rifiuto
nel voler bere o ingerire cibo. L’avevi capito meglio di me che tutto stava per
finire, chissà da quanto tempo. Io invece l’ho capito solo ieri.
Ti ho accarezzato, mentre evitavi di guardarmi e respiravi a fatica. Ti ho salutata, con la consapevolezza che con
molta probabilità non ci saremmo rivisti.
«Ce la siamo spassata in questi anni,
vero?» è stato quello che ti ho chiesto e tu, come se mi avessi capito, mi hai
risposto con un sommesso miagolio e facendo le fusa.
Un bacio sulla tua piccola testa, il
mio ultimo gesto.
Un “ti voglio bene”, la mia ultima affermazione.
Oggi, ho avuto la conferma di ciò che
avevo previsto ieri.
«Litz è morta.»
Così mi ha dato il
buongiorno mamma.
Sembrava quasi che io l’avessi presa bene, in
fin dei conti ero preparato a questa eventualità. Quando però ho deciso di
vederti… forse non avrei dovuto, ma non potevo non farlo.
Sono uscito in balcone (proprio dove
insieme abbiamo scritto la storia di Project Sun) e tu eri lì, dentro una cassettina,
coperta da un piccolo panno: immobile, distesa su un fianco, i tuoi occhi aperti
che però non riuscivano più a vedermi, nessun respiro…
Sono scoppiato a piangere e tutt'ora continuo a farlo ogni qual volta ci ripenso. Mi è stato detto che devo concentrarmi su
altri momenti belli che abbiamo passato insieme, ma davvero non ce la faccio.
So cosa penseresti di me in questo
momento.
Mi faresti capire che sono davvero un
cretino nel piangere la tua scomparsa, perché è vero: sei svanita, il tuo corpo
non è più qui accanto a me e non verrai più a svegliarmi la mattina. Però è
anche vero che il tuo ricordo, quello che porterò sempre dentro il cuore ogni
singolo secondo della mia vita, non svanirà mai; se piangerò dovrò farlo solo
ed esclusivamente se anche quello dovesse svanire, perché significherà che ti avrò
dimenticata per sempre e che per me sei davvero morta.
Mi diresti le stesse parole della canzone che ho messo all'inizio e che ti dedico con tutto il cuore.
I’d be all right
because I believe
that after we’re gone
the spirit carries on'
È difficile, amica mia.
Dannatamente difficile non piangere la tua morte proprio adesso, ma ci proverò.
La nostra avventura, tesoro, è solo
stata interrotta. Ovunque ti trovi adesso, dovrai semplicemente aspettarmi.
Ok?
Un giorno riprenderemo da dove abbiamo
interrotto.
È una promessa.
Arrivederci cara. Ti voglio bene.
06 Marzo 2013
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